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Cremazioni "truccate": l'antropologia forense diventa essenziale anche nel settore funerario

La cremazione è una pratica molto comune negli Stati Uniti o nel Regno Unito, ma lo è molto meno in Italia, dove per i defunti si preferiscono ancora la classica tumulazione e l'inumazione.
Dove la cremazione è diffusa, dilaga purtroppo anche la "falsificazione" dei resti, ovvero accade spesso che quelle cremate non siano affatto ossa, che altri materiali non-ossei o resti animali vengano mescolati, o che addirittura la persona cremata sia un'altra. Questo accade anche con le cremazioni degli animali domestici, cani e gatti in primis. Gli antropologi forensi vengono spesso chiamati da parenti insospettiti allo scopo di verificare se le "ceneri" restituite dalle funeral homes siano effettivamente quelle di un determinato soggetto deceduto. 

Due metodi utilizzati con successo dagli antropologi sono l'analisi metrica e l'analisi chimica. 
Un caso interessante, trattato in un recente articolo pubblicato sul Journal of Forensic Sciences, aiuta a capire come vengono effettuate queste analisi.
Al centro dell'analisi vi è un'urna contenente delle ceneri inviate allo Human Identification Laboratory della California State University di Chico (CA), dalla famiglia del defunto, un uomo di 59 anni, preoccupata per eventuali errori della funeral home che aveva il compito di cremare il corpo.
L'urna conteneva dei conglomerati che si presentavano umidi al tatto, cosa già anomala in quanto i resti delle cremazioni industriali vengono sottoposti a temperature molto alte, e quindi dovrebbero essere molto secchi. I conglomerati erano composti da un sedimento grigio-marrone; nell'urna vi erano inoltre diverse pietre, piccoli oggetti metallici, e frammenti bianco-grigi, solo questi ultimi corrispondenti all'apparenza a delle ossa cremate. I resti ossei sono sono stati dunque separati e pesati (il peso delle "ceneri" cambia a seconda di età, sesso, corporatura, ed è molto utile conoscere il peso in vita del soggetto). Il peso delle sole ossa, esclusi gli altri materiali aggiunti, era di 569,5 grammi, decisamente meno di quanto ci si aspetterebbe da un urna contenente i resti di un uomo adulto. Infatti i resti del soggetto, alto 154.9 cm e di circa 60 kg di peso, avrebbero dovuto avere un peso di 2021,8 grammi. Il contenuto dell'urna nel complesso superava i 4000 grammi, ma quasi 3/4 del peso erano costituiti da materiale non-osseo. 
Sia i resti macroscopicamente identificati come ossa che parte del conglomerato sono stati sottoposti ad analisi chimica e ad osservazione microscopica. Per i primi, la loro origine ossea è stata confermata; nel conglomerato, il materiale osseo risultava mescolato a cemento e vetro. In seguito ad una comparazione chimica con materiale acquistato da uno store di materiali da costruzione, si è confermato che il materiale al'interno dell'urna era cemento rinforzato con fibra di vetro. 
In conclusone, le analisi hanno confermato che il contenuto dell'urna era altamente contaminato, e che certamente non vi erano i resti completi del soggetto in questione; tuttavia, l'origine (animale o umana) dei resti ossei non è stata verificata, date le dimensioni ridotte dei frammenti e la mancanza di caratteri diagnostici che potessero dare certezze sulla natura delle ossa. Sebbene sia normale che nell'urna vi siano materiali di tipo estraneo, provenienti dagli effetti personali del defunto e dallo stesso contenitore in cui il corpo si trova durante la cremazione, la quantità e la natura dei materiali non-ossei ritrovati in questo caso sono comunque anomali. 



Fonte: Bartelink, E. J., Sholts, S. B., Milligan, C. F., Van Deest, T. L. and Wärmländer, S. K.T.S., 2015. A Case of Contested Cremains Analyzed Through Metric and Chemical Comparison. Journal of Forensic Sciences. doi: 10.1111/1556-4029.12734



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